L’armonia della popolazione batterica cutanea è un elemento fondamentale per mantenere la pelle sana e preservarne le sue caratteristiche protettive. La pelle è costantemente esposta a sollecitazioni endogene ed esogene che possono modificare la funzione di barriera a livello fisico, meccanico, immunologico e microbico. Questi fattori hanno il potenziale di innescare o esacerbare una varietà di condizioni infiammatorie della pelle, specialmente quelle associate a disfunzione della barriera. La funzione di barriera della pelle dipende da una relazione simbiotica tra le comunità microbiche residenti e il tessuto ospite. Questa simbiosi risulta da segnali complessi coinvolti nelle risposte immunitarie innate e adattive. Ricerche recenti indicano che sia la diversità batterica che l’abbondanza relativa di diversi microbi presenti sulla pelle e nella pelle possono contribuire alla stabilità o alla disfunzione della barriera cutanea.
Una nuova ricerca pubblicata su Science Translational Medicine indica come il naturale microbioma, normalmente residente sulla pelle umana, sia in grado di produrre peptidi antimicrobici che debellano in modo efficace lo Staphylococcus aureus. Questi peptidi potrebbero essere utilizzati per contribuire al trattamento della dermatite atopica (AD) ed altre condizioni esacerbate da questo agente patogeno.
I ricercatori della University of California, San Diego, ed i loro colleghi, hanno condotto uno screening per l’attività antimicrobica contro lo Staphylococcus aureus. Hanno utilizzato 2029 colonie batteriche raccolte dalla pelle di 30 individui sani e 5695 colonie provenienti da zone della pelle con e senza lesioni di 49 pazienti con AD. Da queste analisi hanno scoperto che l’attività antimicrobica era comune in campioni dai soggetti sani, ma rara nei campioni di pazienti con AD. Colonie batteriche con attività antimicrobica erano meno abbondanti sugli individui cui cultura pelle risultati positivi per Staphylococcus aureus. Questo è stato osservato soprattutto in pazienti con AD, ma una bassa frequenza di colonie con attività antimicrobica è stata osservata anche in un individuo sano con una cultura positiva della pelle di Staphylococcus aureus.
Un recente brevetto mette in luce l’importante rapporto fra la popolazione batterica cutanea e due comuni problemi: le infezioni topiche e l’invecchiamento.
Per ridurre questi due ultimi fenomeni, nel brevetto si propone l’uso di formulazioni a uso locale contenente almeno una coppia dei seguenti batteri: Prevotella; Lactobacillus johnsonii; Bacteroides fragilis; Lactobacillus ruminus; L. infantitis; Propionibacterium.
Le formulazioni, sotto forma di oli, unguenti o gel, sono atte a ripristinare il microbioma cutaneo alterato dall’esposizione all’ambiente e ai saponi. Eventualmente, si propone l’uso di batteri ingegnerizzati con la tecnica attualmente molto in voga CRISPR-Cas per modulare il genoma e quindi le proprietà dei batteri utilizzati.
La “nuvola” di microbi che ci caratterizza, se analizzata, conduce a una persona ben precisa, come se si trattasse di un’impronta digitale. E’ questa la scoperta di un gruppo di ricercatori dell’università dell’Oregon che rivela l’importanza di quei batteri che non solo proteggono la salute della pelle ma identificano l’individuo che li ospita come unico e riconoscibile tra miliardi.
Method and System to Improve the Health of a Person’s Skin Microbiome
Pub. No: US 2017/0119827 A1
International application No. 15/403823
Publication date 05/04/2017